Statua di San Francesco da Paola nella chiesa di S. Maria Maggiore in Aiello Calabro
Dipinto di San Francesco di Pagliaro nella chiesa di Cannavali
È un antico legame quello tra la comunità aiellese e il taumaturgo paolano (Paola 27 marzo 1416 – Tours 2 aprile 1507). Di questa devozione ne erano testimonianza le sacre effigi conservate nelle chiese cittadine. Oltre alla bella statua del santo conservata sull’altare della navata sinistra di S. Maria Maggiore, in cartapesta leccese (databile tra fine ottocento e inizio novecento), che andrebbe restaurata, si contavano altre opere d’arte, come riporta un inventario di metà ‘700 del Regio Tavolario Schioppa.
Nella chiesa di Santa Maria Maggiore, per esempio – ci informa lo storico Rocco Liberti – erano custoditi: un quadro nella cappella di juspatronato della famiglia Manetta della Madonna del Carmine con S. Caterina e S. Francesco di Paola, e un altro dipinto nella Cappella dei Giannuzzi dedicato al santo taumaturgo. Nella chiesa di S. Giuliano si conservava un quadro dell’Addolorata con S. Giuliano e S. Francesco. In un’altra cappella ora distrutta, quella di S. Giuseppe sita nell’omonimo largo, era custodito un quadro della Beata Vergine ed i Santi Giuseppe e Francesco di Paola.
Oltre alle opere d’arte citate, di cui oggi purtroppo non rimane nessuna traccia, nel centro dell’abitato, c’era e c’è tuttora, nell’omonimo spiazzo, la cappella devozionale dedicata a San Francesco di Paola, il santo calabrese “onnipresente – fa notare Liberti – in quasi tutti gli spazi sacri di Aiello”. La chiesetta venne costruita nel 1718 per volere della famiglia Giannuzzi, e reca sullo stipite del portoncino d’entrata la scritta: «Chi vuol Gratie del Ciel corre a’ Francesco».
Nella prima foto (del marzo 2012), la statua di S. Francesco di Paola (fine 800 inizi del 900), in cartapesta leccese. Restaurata i primi anni ’40. E’ custodita nella chiesa di S. Maria Maggiore (altare navata di sinistra) in #AielloCalabro.
Il bastone d’argento è stato realizzato grazie alle offerte del Popolo Aiellese raccolte subito dopo il terremoto dell’8 settembre 1905.
“L’arte si è sempre interessata poco del lavoro, della dura fatica quotidiana di quei miliardi di uomini che col sudore hanno contribuito a costruire la storia del mondo, senza che la storia si sia mai ricordata di loro”. “Protagonisti dell’Arte e della Storia i lavoratori non lo sono neanche oggi, ma la loro apparizione nell’Olimpo delle Muse non è più impedita dal pregiudizio di classe, sicché l’intuizione artistica può illuminare anche il volgo senza nome”. L’artista Francesco Magli, di questa “illuminazione”, appena riportata da un testo critico di Alfonso Lorelli, si è sempre fatto artefice nella lunga militanza artistica. Magli ha “illuminato” la sua arte di gente comune, di gente umile, di lavoratori. Il suo “zampognaro” come il “pignataro” ne sono una viva testimonianza. La foto che correda questo post – e che vogliamo riproporre ai navilettori per celebrare la giornata del Primo Maggio – si riferisce ad una opera in terracotta dell’artista Francesco Magli ubicata a San Pietro in Amantea (Cs). E’ dedicata ad un umile lavoratore. Il lavoratore omaggiato è Michele Veltri “u nanariellu”, “un lavoratore della terra morto tanti anni fa e sconosciuto al di fuori della piccola comunità locale”. Michele Veltri – come leggiamo ancora da Lorelli – “è stato un uomo di giornata, un bracciante agricolo che ha passato la sua intera esistenza insieme ad una zappa e ad una groccia, godendo soltanto di un mursiellu quotidiano e di un bicchiere di vino rosso” che per Magli rappresenta “il simbolo vivente di coloro che, pur naturalmente svantaggiati, lavorano in silenzio, con grande dignità ed umiltà…”.
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