Addio alla poetessa e scrittrice Gae Ruffo

Riceviamo da Carmelina Sicari, un ricordo della sorella Gae Ruffo, scomparsa qualche giorno fa. 
A lei, le nostre sentite condoglianze.
Di Carmelina Sicari
Le parole a volte si spezzano, spariscono sulla pagina, tanto il dolore le consuma. Eppure anche Catullo tentò, come ora faccio io, di andare oltre il dolore e di trovare i termini per parlare della scomparsa di una persona, non solo cara, ma consanguinea. Catullo parlava del fratello ed io di mia sorella Gae Ruffo, sparita alla fine di maggio.
Le parole, verba multo manantia fletu, sono intrise di pianto, ma la figura della scomparsa è immersa in un alone di luce, in una scia luminosa.

Il suo impegno in difesa dei diritti è stato uno dei punti luce insieme al culto per la poesia, alla scrittura creativa ed all’educazione della gioventù, Nell’ambito della ricerca dei diritti specie nel settore della scrittura al femminile e delle conquiste delle donne, il culmine è l’opera sul “voto alle donne”, pubblicazione entrata nella bibliografia nazionale ed acquisita dalle biblioteche regionali di tutto il paese.

E ancora la pubblicazione con un accurato saggio del giornale delle scrittrici italiane organizzato da Matilde Serao per aiutare le popolazioni calabre dopo il terremoto di inizio novecento.
Nella scrittura creativa, il premio nella cui giuria c’era Antonio Piromalli, ne ha consacrato la bravura così come l’eccellenza e la meticolosità apparivano nelle numerose collaborazioni a riviste. Ma nell’ambito della gioventù e della sua formazione forse è la traccia più alta.
Non solo nell’opera incessante nei licei ma anche nell’associazione Nuovo Umanesimo, la sua opera è apparsa luminosa ed originale.
La rosa per S. Giorgio è l’iniziativa più interessante, per favorire la lettura fra i giovani. Nella giornata del 23 aprile in concomitanza con un’iniziativa analoga di Barcellona, i giovani ricevevano un libro in cambio di una rosa. Il libro era il segno di alta civiltà ed aveva come sua icona, l’innamorato della lettura per eccellenza, Don Chisciotte,
Il sentiero luminoso sembra svanito con la scomparsa di Gae. Ma non è. Non lo è mai perché il vero immortale è l’amore per ciò che è alto e nobile.
Qui gli scritti di Gaetanina Sicari Ruffo, pubblicati nel presente blog – https://brunopino.blogspot.com/search?q=gaetanina+sicari+ruffo

#GiornataMondialeDelLibro #23aprile2016

Vedi anche:

20 mar 2012  Giornata mondiale della Poesia 2012. Per celebrare l’appuntamento, qualche poesia di Francesco Della Valle, poeta Aiellese del Seicento.
brunopino.blogspot.com
28 gen 2014  Antonio Piromalli, apprezzatissimo collaboratore della presente … Qui il link ad un articolo sul poeta Francesco Della Valle, sul quale il prof.
brunopino.blogspot.com
17 feb 2012  Ha curato: Poesie di Francesca Serra Le Pera (Cosenza, Pellegrini 2004), Rime di Messer Francesco Della Valle (introduzione e nota …
brunopino.blogspot.com
18 set 2015  Al festival della filosofia di Mantova il tema proposto è stato l’eredità. …. Costantino Arlìa filologo calabrese · Francesco della Valle Poeta …
brunopino.blogspot.com
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Villa San Giovanni ricorda il prof. Antonio Piromalli

VILLA SAN GIOVANNI
ricorda
ANTONIO PIROMALLI
Sabato 11 aprile 2015, ore 17
presso Istituto comprensivo Giovanni XXIII
V.le Ammiraglio Curzon, 34 / Piazza Valsesia

In ricordo di Antonio Piromalli, nel decennale della morte

Gaetanina Sicari Ruffo (tratto da Calabria Sconosciuta 139-140, luglio-dicembre 2013)
Sono passati dieci lunghi anni senza il Prof. Antonio Piromalli, apprezzatissimo collaboratore della presente rivista, già fondata all’epoca dal compianto primo direttore  dott. Giuseppe Polimeni.
Egli aveva seguito con i suoi incoraggiamenti ed i suoi scritti il tortuoso percorso d’elaborazione per più d’un ventennio, fin dal 1978, ed i suoi contributi furono pubblicati fino a qualche anno prima della scomparsa. Originario dalla Calabria (Maropati 1920 – Polistena 2003) ha sempre rafforzato il suo legame con essa, nonostante fosse per lunghi periodi fuori, impegnato nell’insegnamento della Letteratura italiana prima all’Università di Urbino e Bologna, poi nelle Università di  Udine, Salerno, Cassino, medaglia d’oro nel 1989 dei Benemeriti della Scuola, della Cultura, dell’Arte anche per i molti importanti incarichi ministeriali che assunse per la promozione della Scuola.
Ma quando ritornava nella terra che aveva nel cuore, seguiva da vicino gli eventi culturali, promuovendo incontri ad alto livello ed incoraggiando manifestazioni.
È stato un vero maestro, se per tale s’intende non solo chi invita a gustare il pane della propria sapienza, ma anche chi è fraternamente vicino e interpreta le attese nel segno d’una umanità che si fa previdente. Egli ha infatti tracciato nuove strade nel solco della cultura meridionale, dando loro visibilità, non solo con le sue due grandi opere: Letteratura calabrese (Rubbettino, Cosenza 1965) e Letteratura e Cultura popolare (Firenze,1983) ad indicare  un percorso originale e moderno, molto ricercato dalle giovani generazioni, ma pure con i tanti saggi che hanno messo in luce figure di autori fino a quel momento ignorati e pure validissimi. Intendo riferirmi ai poeti Lorenzo Calogero, Nicola Giunta, Alba Florio, Ermelinda Oliva, Emilio Argiroffi di cui scrisse pagine illuminanti per gli sviluppi della loro carriera. Egli stesso fu poeta fin dalla prima giovinezza e si annoverano, dopo il 1945, ben sette sue raccolte di versi. L’ampia conoscenza filologica inoltre gli ha consentito di approfondire aspetti del linguaggio, soprattutto il dialetto, per lungo tempo considerato dai critici di scarsa dignità. Così lavorò a lusinghieri saggi su E. Alvaro, Donnu Pantu, V. Ammirà, N. Giunta, rivelando la loro impronta originale e il fervido rapporto con il luogo ed il tempo con i quali erano venuti a contatto. Cogliendo ed apprezzando il filo rosso della Rivista “Calabria Sconosciuta”, intercorrente tra élite e popolo, si soffermò spesso e volentieri, in vari numeri, a spiegare il carattere della cultura contadina oltre alla pregnanza del dialetto, il senso di certi riti, il valore di alcun celebrazioni, insomma il multiforme volto della società in evoluzione.

Fu proprio la sua critica illuminata a chiarire la profonda influenza degli autori italiani di fine secolo sulla cultura contemporanea, specie calabrese, per non parlare della sua ultima fatica di far conoscere il suo conterraneo scrittore Fortunato Seminara al grande pubblico.
Ne ha istituito la Fondazione e dopo aver riedito Le baracche, nel 1990, ha dato alle stampe i romanzi postumi: L’Arca (1997), La dittatura (2002), Il viaggio (2003). Si trovava a Polistena proprio per presentare quest’ultimo libro, quando fu colto dal malore che gli fu fatale. Il compianto fu unanime e profondo. La Calabria perdeva con lui non solo un grande intellettuale, noto nei luoghi più ricercati del dibattito nazionale, ma anche un figlio memore e fedele che aveva voluto onorarla sempre. Seminara infatti rappresentò ai suoi occhi la Calabria stessa ch’egli aveva imparato a conoscere ed a frequentare fin dall’inizio della sua vita, quel mondo raccolto ed appartato che aveva un profilo familiare anche se non sempre felice, fin dalla pubblicazione, appunto nel 1942, de Le baracche, voluta da Leo Longanesi per Einaudi. S’era assunto il compito di valorizzare i migliori talenti della sua gente e di sfatare l’ingiusto pregiudizio che non esistono al sud energie creative degne d’attenzione e capaci di rinnovamento. Il suo messaggio non può essere disconosciuto ed ignorato, ne siamo certi.

Qui il link ad un articolo sul poeta Francesco Della Valle, sul quale il prof. Piromalli tenne ad Aiello Calabro (Cs) una interessantissima conferenza nel settembre del 2002.

Amarcord. Dieci anni fa, la conferenza sul poeta Aiellese Francesco Della Valle, tenuta il 7 settembre 2002 dal compianto prof. Antonio Piromalli

… prima o poi pubblicheremo il video della conferenza.


Alcuni link sul poeta:

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Francesco Della Valle – Poeta Aiellese
(XVI-XVII secolo)

di Bruno Pino
L’articolo che qui pubblichiamo risale al settembre 2002, quando si tenne la conferenza sul poeta con il prof. Antonio Piromalli, grande storico della letteratura italiana e calabrese (1920 – 2003).
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“DI DUO Franceschi abbia la Patria il vanto /tu la spada adoprando ed io le carte /tu col valor del braccio ed io col canto”. I versi che recita Antonio Piromalli, professore emerito di Letteratura Italiana all’Università di Cassino, tra i maggiori critici e storici della letteratura italiana attualmente in circolazione – in occasione della conferenza sul poeta secentesco tenutasi il 7 settembre alla Casa delle Culture di Aiello Calabro (Cs) – fanno chiarezza sul luogo di nascita del poeta Francesco Della Valle, vissuto tra la fine del 1500 e i primi decenni del 1600. Appartenenti ad un sonetto delle “Rime” che scrisse il poeta, opera forse mai letta in precedenza con la dovuta attenzione, i versi citati da Piromalli sono dedicati all’amico Francesco di Malta, esponente di spicco di una delle famiglie nobili aiellesi, assalito dai turchi in battaglia e salvatosi eroicamente. Se la patria del di Malta era – come era – lo Stato feudale di Aiello, è logico dedurre, che anche Della Valle fosse aiellese. Anche un altro sonetto, sempre delle “Rime” che sono dedicate ad una donna della propria città natale, si rivela chiarificatore. In esso l’autore affida il compito all’amico Muzio Stefanini, aiellese anche lui, di andare a trovare la sua musa in Aiello (Là dove sotto a poco amica stella/ io nacqui e vissi i dì poco sereni/ vanne pur, Muzio, e dica all’empia/ che mia penna ha cara/ che ancor l’adoro/ e alla patria ingrata/ che suo malgrado a nome mio sia chiara.).
Ciononostante, alcuni studiosi reputano Della Valle nativo invece di Cosenza e nipote di Sartorio Quattromani. Questa tesi, trova fondamento nella dicitura riportata sulla copertina di una delle edizioni delle “Rime” (Napoli, 1617), in cui il poeta si qualifica cosentino; e anche nel sonetto che l’autore dedica alla città di Cosenza dove dice: “Nobil città, ch’al chiaro Crati in sponda; …Come presso (sic!) il tuo Seggio ebbi la cuna”. Analizzate con attenzione, gli elementi che sostanziano la tesi della cosentinità, risultano in qualche maniera poco sostenibili. Lo Spiriti, nelle sue “Memorie degli scrittori cosentini”, ci dice, invece, chiaramente, che il Della Valle “… di cui si rinviene il nome avanti la traduzione del IV libro dell’Eneide del Quattromani” visse intorno al 1570, mentre il Nostro “pubblicò le sue poesie il 1618, e dice l’Eritreo, che morì molto giovine (probabilmente nel 1627); onde se questi dovesse riputarsi lo stesso, che il primo, avrebbe dovuto avere nel 1618 almeno li suoi settant’anni; e perciò nò potea dirsi che fosse morto assai giovine”. Parimenti, anche la menzione che il poeta fa di Cosenza nel sonetto dedicato alla Città Bruzia (presso il tuo Seggio ebbi la cuna), trova una plausibile spiegazione nel fatto che potrebbe essere stata dettata unicamente dalla gloria e dalla potenza culturale e politica che la città dei Bruzi ebbe in quell’epoca. Per l’autorevole storico e critico della letteratura italiana Antonio Piromalli, che con una prosa semplice e gradevole ha tenuto alto e costante l’interesse del numeroso pubblico, non ci sono dubbi. Francesco Della Valle è poeta aiellese, come lo era per Benedetto Croce che nel 1910 lo inserisce nell’antologia dei Lirici marinisti.
Durante l’incontro culturale – curato dall’assessorato alla Cultura del comune, a cui hanno assicurato la partecipazione attiva la professoressa Donatella Laudadio, attivissimo assessore alla Cultura dell’Amministrazione provinciale; il primo cittadino Francesco Iacucci; e Antonio D’Elia, presidente del sodalizio letterario “F. Della Valle” di Cosenza; il professore Piromalli, ha tracciati con chiarezza il quadro storico in cui il poeta ha vissuto ed un singolare profilo del poeta. Due importantissimi documenti notarili, del 1604 e 1609, reperiti da Antonio D’Elia, che descrivono la donazione da parte del notaio GiovanPaolo Della Valle, padre di Francesco, dello Ius Patronatus dell’altare di San Lorenzo presso la chiesa di San Giuliano in Aiello, al figlio chierico che poi vi rinuncerà, forse per andare a Roma, nel 1609, ci informano che Della Valle dovesse appartenere al mondo ecclesiastico. Forse un sacerdote, diacono o chierico, durante la sua permanenza nella Città Eterna, dove visse lontano “dalla patria ingrata” (in un sonetto delle “Rime” (1618), dedicato a Girolamo Brivo, confessa di essere già da 10 anni a Roma), poteva vantare amicizie tra i più importanti personaggi dell’epoca. Sono suoi amici, il Cavalier Marino, Antonio Bruni, l’Eritreo, con cui condivide le frequentazioni all’Accademia degli Umoristi; il principe Filippo Colonna; Maurizio di Savoia, figlio di Carlo Emanuele I; il Duca Ranuccio Farnese; Roberto degli Ubaldini che sarà il suo mecenate; e, Cinzio e Pietro Aldobrandini, che lo zio, quello che diverrà Papa Clemente VIII, fa poi cardinali. Altro amico del Della Valle è il cardinale Maffeo Barberini, che salito al soglio pontificio nel 1623, col nome di Urbano VIII, si ricorderà del poeta che qualche tempo prima gli aveva dedicato alcuni sonetti, accordandogli nel 1626 – secondo Padre Francesco Russo che lo riporta dal quinto volume dei Regesti Vaticani -, una pensione sul conto del clero di Cosenza, città che Della Valle, desideroso di ritornare all’Accademia dei Costanti, reputa città di cultura. La conferenza, tuttavia, non ha posto l’attenzione solo sugli aspetti biografici, pure importanti, soprattutto per una comunità, come quella aiellese, che come patria del Della Valle, ne riceve lustro.
Piromalli ha parlato per più di un’ora della sue poesie, raccolte ne “Le Rime”, pubblicate in due edizioni (Napoli 1617; e Roma 1622); ne “Le lettere delle dame e degli eroi” (Venezia 1622 e 1627 e Ravenna 1630) e in altre sue liriche che si trovano nella “Raccolta di sonetti d’autori diversi et eccellenti dell’età nostra” (Ravenna 1623) e in una Antologia pubblicata a Roma nel 1627, in occasione del Funerale della signora Sitti Maani Gioerida.
Lo stile, i modelli che prendono ispirazione da Petrarca, la rilevanza artistica del poeta, peraltro testimoniata da diversi studiosi come l’Eritreo, D’Amato, Spiriti, Accattatis, Croce, Getto, Tuscano, Procaccioli, lo stesso Piromalli, Crupi ed altri, che ne hanno analizzato lo stile, l’espressione e l’originalità della sua poesia, rendono giustizia ad un poeta che merita di essere studiato.
D’altronde, le diverse tesi di laurea sul poeta prodotte all’Università di Salerno e all’Unical, come quelle del giovane Alessandro Citro, che è stato il primo a studiarlo, seguito dal compianto professore Saro Contarino e poi dal professore Ordine (significativa la borsa di studio assegnatagli per la sua tesi dalla Città di Cosenza); come pure Mariangela Romano di Salerno, Annalisa Montesanti di Lametia e di Antonio D’Elia, testimoniano l’interesse del mondo accademico per questo poeta certamente non minore.