La Sambucina, laboratorio di saperi, Cosenza 25 novembre 2022

Le associazioni culturali Mistery Hunters e Coriolano Martirano sono liete di comunicare a tutti l'organizzazione di un seminario il cui tema principale sarà l'importanza storica dell'abbazia della Sambucina, luogo di spiritualità e di incontro di sapienti tra cui "il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato" e Luca Campano, fautore della ricostruzione della Cattedrale di Cosenza 800 anni fa.
Nel corso dell’iniziativa verrà presentato l’importante lavoro di Flaviano Garritano, “La Sambucina. Una grande abbazia nell'Europa Medievale”.
L’evento culturale ”La Sambucina: laboratorio di saperi” si terrà venerdì 25 novembre, alle ore 17:30, presso la Sala degli Stemmi del Palazzo Arcivescovile di Cosenza.
Dopo i saluti istituzionali da parte di  Franz Caruso, Sindaco di Cosenza , di Don Salvatore Fuscaldo, Direttore del Museo Diocesano di Cosenza, e di Antonella Salatino, Presidente di "8centoCosenza Aps", associazione nata in occasione degli 800 anni della Cattedrale di Cosenza, interverranno l'Architetto Luigi Garritano, Claudio Cortese, della Pro Loco di Luzzi, Francesco Paolo Dodaro, Presidente dell'Associazione Culturale Coriolano Martirano, Giuseppe Riccardo Succurro, Presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti e l’autore del libro Flaviano Garritano. Modererà Giuseppe Oliva, Presidente dell'Associazione Culturale Mistery Hunters.
L’ABBAZIA CISTERCENSE DI SANTA MARIA DELLA SAMBUCINA | tratto dalla Pagina Fb Associazione Culturale Mistery Hunters
In concomitanza del convegno da noi organizzato sull’Abbazia della Sambucina il 25 novembre 2022 (ore 17:30) presso la Curia Arcivescovile di Cosenza, vi vogliamo far conoscere questo importantissimo luogo che segnò la storia e la spiritualità del medioevo calabrese e del Sud Italia. Durante la manifestazione sarà presentato il libro del nostro amico Flaviano Garritano dal titolo “La Sambucina. Una grande abbazia nell’Europa medievale “.
A pochi chilometri dal centro abitato di Luzzi, su un pianoro montano che guarda la Media Valle del Crati, sorge un monastero che lega questo angolo remoto di Sud Italia alla grande storia del medioevo europeo: l’Abbazia Cistercense di Santa Maria della Sambucina.
La decisione di fondare un’abbazia anche (e soprattutto) in Calabria avevo l’obiettivo di latinizzare le popolazioni del luogo legate ancora al rito greco e alla cultura dei bizantini.
Grazie ai rapporti intercorsi tra San Bernardo di Chiaravalle e il normanno Ruggero II di Sicilia, nel 1141, un gruppo di cistercensi prese possesso di quello che rimaneva dell’ex monastero benedettino di Santa Maria Requisita Nucis, ubicato sulla montagna del “Castrum Nucis” in terra Lutiorum, l’odierna Luzzi, fondando il primo nucleo dell’Ordine all’interno del regno Normanno per filiazione diretta dall’abbazia di Clairvaux.
La tradizione vuole che i Cistercensi ne mutarono l’intitolazione ispirandosi a un’apparizione della Vergine ai frati (o a un pastorello secondo altre fonti) fra le verdi fronde di un sambuco, il cui bianco e profumato fiore è molto usato nella fitoterapia e nella cucina locali con il nome di majiu e dalle cui bacche si ricavava l’inchiostro.
La chiesa originaria era dotata, come emerso da scavi compiuti nell’area dell’edificio, di pianta a croce latina (voleva raffigurare il cristo in croce con la testa rappresentata dall’abside, il transetto le braccia e la navata allungata invece il corpo), con abside rettangolare (un po’ più alzato rispetto al piano della chiesa), tre navate e cinque campate.
L’assenza quasi totale delle decorazioni, era finalizzata a non distogliere l’attenzione dei fedeli dalla preghiera, mentre il rigore delle linee geometriche comunicava l’ordine perfetto creato da Dio. La chiesa aveva un orientamento Est-Ovest così da creare un gioco di luci che permetteva ai raggi del sole di entrare la mattina, alla sua “nascita”, dalle tre monofore dell’abside costruito ad est e dal rosone posto ad ovest al tramonto, alla “morte” del giorno. 
Monaci dell’Abbazia di Casamari, nel Lazio, contribuirono alla ricostruzione del complesso distrutto dal terremoto del 1184, un intervento che potrebbe essere all’origine del privilegio con cui papa Celestino III nel 1192 riconobbe a Casamari la supremazia sull’Abbazia della Sambucina.
Del complesso badiale fu abate, dal 1192 al 1202, Luca Campano (nel 1202, visto il suo particolare zelo nel predicare la II crociata, divenne Arcivescovo di Cosenza e contribuì alla fattiva ricostruzione del Duomo di Cosenza) e il suo intervento diede una svolta allo sviluppo dell’Abbazia.
Tenuta in gran conto da papi, re normanni e imperatori svevi, divenne la casa madre di molti conventi cistercensi in Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia. Nel periodo di massimo splendore del monastero, all’interno di esso, si raccolsero circa trecento monaci oltre ai “conversi”. I monaci si adoperarono nell’applicare la regola di San Bernardo e ancora prima di San Benedetto “ora et labora”, bonificando campi paludosi e sviluppando un grandissimo “scriptorium”, con annessa scuola calligrafica per l’attività di copiatura e miniatura degli antichi codici, lavoro minuzioso che contribuì alla conservazione delle fonti letterarie classiche in una libreria ricchissima.
Eccellente era anche la lavorazione artistica del legno, oltre a quelle della calcarenite, della terracotta, del vetro, dell’oro, della seta, della lana e della canapa; realizzarono impianti idrici con tecniche idrauliche all’avanguardia, portando l’acqua corrente al monastero e poi giù fino in paese tramite un acquedotto costituito da circa sette chilometri di tubature in argilla smaltata, intermezzato da tanti pozzetti di acqua che ancora oggi sono visibili.
L’Abbazia arrivò ad ospitare figure di primo piano tra cui l’Imperatore Carlo V e Gioacchino da Fiore, fondatore dell’Ordine Florense, “il calavrese abate Giovacchino, di spirito profetico dotato”, di passaggio nella seconda metà del XII secolo con l’incarico di “portinaio”.
Le sue ricche attività si protrassero a lungo, ma rimasero soggette alle altalenanti sorti del complesso monastico dettate da terremoti e frane. La sua decadenza incominciò quando con la monarchia angioina l’atteggiamento di benevolenza nei confronti dei monasteri mutò infatti nel 1421 il territorio dell’abbazia fu trasformato in commenda, con la gestione di tutti i beni da parte della famiglia Caracciolo.
La grande frana del 1569 alterò profondamente la struttura della chiesa riducendo l’edificio, oggi Monumento Nazionale, pressoché alla sola parte absidale, alla porzione di transetto rimasta ed alla prima campata del corpo centrale, provocando quindi un arretramento dell’originario grande portale romanico, recuperato tra le rovine dell’abbazia franata, mentre il resto della navata, le due navate laterali, il chiostro e tutto l’insieme delle fabbriche connesse al monastero sono andati irrimediabilmente perduti.
Dopo i terremotati del 1731 e del 1783, per regio decreto di Ferdinando IV, l’abbazia venne soppressa e i suoi beni furono in parte incamerati nel demanio, in parte dispersi tra le chiese locali, ma molto materiale fu trafugato. Gli ultimi beni rimasti furono venduti nel 1803 alla Famiglia Lupinacci, incluse alcune fabbriche del monastero.
Oggi, tranne il transetto, tutto il resto è proprietà privata.
Dei tesori del monastero rimane davvero poco. L’apparato pittorico più importante è quello presente in una delle pareti dell’abside e si tratta di un affresco raffigurante la “Madonna del Sambuco col Bambino”: la Vergine è seduta in trono e regge in grembo il Bambino Gesù, mentre sullo sfondo si intravedono alcuni sambuchi in fiore. In calce del dipinto si legge il nome di chi probabilmente nel 1501 lo ha restaurato <<Orlandus Stames MCCCCCI>>. Si parla di restauro e non di chi lo ha dipinto perché l’affresco era molto più grande e successivamente venne “tagliato” e incorniciato.
Sul lato destro è presente una grande tela (3x2m) degli inizi del ‘600 dell’Assunzione della Vergine con angeli e i dodici Apostoli di autore sconosciuto. La cornice lignea, riccamente decorata con elementi in oro e con la rappresentazione nella cimasa dell’Incoronazione della Vergine, fu donata dal Principe Francesco Firrao, come attesta il simbolo della sua casata (insieme a quella dei Caracciolo) presente nella parte superiore di essa.
La chiesa custodisce anche una statua lignea dell’Assunta di stile barocco e una tela rappresentante una “Lactatio” con San Bernardo, datata 1896, e un capitello duecentesco in tufo, oggi riutilizzato come sostegno per il lavabo.
Sul lato destro della chiesa è posto un campanile a pianta quadrata fatto erigere da Francesco Crocco per devozione alla fine del XIX secolo (testimoniato da un’epigrafe marmorea posta nella parte centrale della struttura), che conserva una campana del XVI secolo. 
La facciata, molto semplice, è caratterizzata dalla presenza di una finestra guelfa e soprattutto dall’elegante portale in calcarenite di cui si conserva solo una piccola parte del XII secolo (l’arco ad ogiva della parte interna con due coppie interne di colonnine e le prime due fasce decorative), mentre gli elementi più evidenti (arco a tutto sesto monumentale, arricchito con decorazioni geometriche a bugne e floreali) sono relativi al rifacimento avvenuto nel 1600. 
In ricordo del passaggio di Gioacchino da Fiore in Sambucina, è stato posto un grosso cippo granitico proveniente dalla Sila con una lapide bronzea su cui vi è inscritto: “trasse dalla perenne sapienza di questa abbazia di Sambucina l’alimento primario del suo spirito profetico…”.
Per saperne di più vi aspettiamo numerosi al convegno su questo affascinante monumento.

Pubblicato da

Bruno Pino

Journalist, Blogger & Local History Researcher | Aspiring Photographer | Poetic Environmentalist | Hiking/Trekking & Mtb Lover | Geniale Adacquacerze | Cosenza & Aiello Calabro

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